Glauco Benigni / 19.4.2013
Sembra che il presidente cinese Xi Jinping abbia detto: “Ora basta !” “ Basta con questo Fondo Monetario e questa World Bank egemonizzati dagli Usa. Basta comprare il petrolio SOLO con i dollari perche’ questo ha consentito per 70 anni alla FED di farci digerire montagne di carta straccia quale moneta di riserva planetaria. E basta anche con questa Rete Internet che dipende un po’ troppo dagli umori del Dipartimento del Commercio Usa”. Sic !
La terza mossa, fatta recentemente, si inscrive pertanto in un ampio quadro di “serrato confronto” tra superpotenze. Qualcuno teme “che l’obiettivo dei cinesi sia sminare il territorio web dalla bomba democratica.“ Questa del resto era la stessa visione di Hilary Clinton, che per anni si è indignata ogni volta che il Governo Cinese impediva ai suoi cittadini la “libera” consultazione di Google o l’accesso a Youtube. Ma (anche) per questo motivo “si è ammalata” ed è stata sostituita da Kerry. L’argomento è molto più complesso di quello che appare dunque e l’uso di parolone quali “democrazia”, intendendo con questa (anche) la libera esportazione della visione del futuro delle Multinazionali tutte (merci, servizi, cultura e lyfestyle), è una martellata al vasto mosaico in cui la mossa si inscrive.
I fatti : Xi Jiping chiama Liu Qibao (una specie di capo della Rete Web) cinese e gli dice in mandarino: “Al più presto gli indirizzi Internet Protocol (IP), i nomi di dominio di primo livello generico, il codice internazionale e i sistemi di root servers “. Cioè tutto quello che serve a far funzionare un sito. “Invece di chiederlo all’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) lo chiediamo direttamente alla ITU (International Telecommunication Union) .
L’ICANN è un Ente Internazionale no-profit che da 15 anni, sebbene travagliato da continue contestazioni, assegna “nomi e numeri d’identificazione” a chiunque voglia agire nel web. E’ autorizzato a far questo dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. E’ una specie di “coda” degli accordi di Bretton Woods. Per molti è un ulteriore roccaforte dell’Impero Usa.
La ITU invece è una delle Agenzie dell’ONU con base a Ginevra e si occupa (genericamente) della gestione dello spettro elettromagnetico del pianeta (frequenze, posizioni orbitali dei satelliti , etc…), di informazione e di comunicazione tecnologica .
A prima vista appare ovvio che la Cina preferisce avere a che fare con l’ONU piuttosto che con il Dipartimento del Commercio USA . Ovviamente questo avrà delle conseguenze: diplomatiche, politiche, economiche, (forse anche) militari . Speriamo bene .
Del resto il pianeta si trova in una situazione di riequilibrio forzato.
Sulla grande scacchiera del web le cose erano andate sin troppo bene per gli Usa, poi la crisi dell’Occidente, il risveglio degli aderenti al BRIC e lo sviluppo delle loro economie ha messo tutto in discussione.
La faccenda va vista (anche, se non soprattutto) alla luce dei Prodotti Interni Lordi e dei numeri potenziali di utenti che si esprimono nelle diverse lingue. Ovvero ( secondo l’Unesco) : il 90% del PIL totale nel mondo è prodotto grazie all’uso di 14 lingue ( Inglese, Cinese, Giapponese, Tedesco, Spagnolo, Francese, Italiano , Russo, Portoghese, Arabo, Olandese, Coreano, Turco e Polacco); le lingue parlate sono 6000 ma il 96% di queste è priva di alfabeto ; quindi solo il 4% , circa 240, hanno facoltà di accesso attivo al web ; le lingue si estinguono al ritmo di 10 all’anno, prima o poi il 90% delle lingue sarà rimpiazzato dall’uso di 5 lingue dominanti: Inglese, Spagnolo, Arabo, Cinese e Russo .
Secondo altri dati . Nel 1998, grazie alla spallata congiunta della Silicon Valley e di Nasdaq, il 75 % del web parlava e scriveva in inglese ; nel 2007 tale quantità si era ridotta al 45% . Oggi si stima che solo il 30% parla inglese e che il 35% parla e scrive una lingua, derivata dall’inglese, detta Globish .
A marzo 2011 (ultimo dato rinvenibile) Google “interfacciava” 150 lingue ma offriva ricerche solo in 50 lingue . Yahoo! per contro, non gestiva più di 40 lingue. Wikipedia riporta informazioni in 300 lingue. Mentre Facebook, Youtube e Twitter, grazie a traduttori automatici e sottotitoli, soddisfano 50 lingue .
Vi rendete conto di che cosa significhi questo. E’ uno scenario di guerra per la sopravvivenza delle culture e delle tradizioni. E’ uno scenario in cui si giocano molte fasi della partita “egemonia contro multipolarità”.
A questo punto, ben conoscendo la scena di riferimento, e in dettaglio i numeri relativi alla produzione di PIL per lingua , il Presidente Cinese non poteva non calare la sua carta. Una carta comunque che ha delle connotazioni surreali – almeno per noi occidentali – in quanto è ovvio che Xi Jiping pensa prevalentemente ad un web scritto in mandarino, con ideogrammi accessibili quasi esclusivamente, per ora, ai cinesi. La sua scommessa però si fonda su un parco utenti di (attuali) 600 milioni di umani; più 400 milioni che smaneggiano su tablets e smartphones e quasi 300 milioni tra bloggers e utenti di social network . Il punto forte è che tutti i suoi numeri, PIL soprattutto, sono destinati a crescere. Così come sono destinati a crescere i numeri degli aderenti al cartello BRICS , ai quali i Cinesi vogliono rivolgersi. Mentre i numeri degli altri – Usa e paesi occidentali – bene che va sono destinati a restare uguali. Ma deve andare proprio bene.
La mossa di Pechino mette in discussione l’altra scommessa, quella fatta dagli USA e nazioni anglofone, di imporre l’inglese quale “pivot language” nel web” o “lingua franca”.
Non sappiamo cosa potrà accadere ma, se per esempio , i Cinesi metteranno mano al web facendolo parlare anche Russo e Arabo e, perchè no ? anche Portoghese, per Zuckerberg and Co. che stanno per lanciare il loro cartello dei Big del Web, detto FWD.US, non ci saranno tempi sereni .