Ferve il dibattito sulla governance del web con il varo di una Costituente nazionale in Italia. Resta da capire il ruolo della Società Civile nel modello multistakeholder appoggiato dal Governo.
La prima, ha spiegato il Presidente ICANN, Fadi Chehade – è che “la nostra organizzazione spende una gran parte del budget a sostegno della Società Civile… milioni di dollari ogni anno per invitare a partecipare la Società Civile e i giovani, anche quelli che vivono nei paesi in via di sviluppo … si può partecipare – diceva Chehade – da postazioni remote. Ma, se si vuole venire (agli incontri ndr), e non si ha possibilità, li aiutiamo”.
La seconda è che l’unica rappresentante della Società Civile che è intervenuta al Convegno è stata Cristina De Paoli di Save the Children Italia, cioè il ramo di una organizzazione che opera in 120 paesi del mondo. Dov’era la Società Civile italiana? Forse non li hanno invitati? Chissà? Forse la gran parte della Società Civile italiana, attiva in Internet, non sa nemmeno di essere considerata uno degli stakeholder.
E ora, la notizia “quadro”, di cui si è già scritto e che commentiamo. L’Onorevole Antonello Giacomelli ha lanciato in quel Convegno una proposta per il futuro Governo di Internet. “Un futuro che non è scontato”,ha detto Giacomelli. Si faccia allora “una Costituente italiana ispirata al modello Multistakeholder”. Ovvero un Tavolo in cui le decisioni vengono prese, non dalle Istituzioni, ma dagli “aventi interessi legittimi” (indicativamente: Governi, aziende, Technical Community, accademie e appunto Società Civile).
La Costituente si giustifica perché (fra l’altro): “è in corso la transizione di ICANN”, l’organismo che assegna i numeri e i nomi a dominio ed esiste “l’esigenza di un ennesimo rinnovato dialogo tra USA e Europa”. “La Costituente utilizzerà i lavori già effettuati dalla Commissione Diritti e Doveri di Internet e l’accordo tra Google e il Garante della Privacy.”
Il Governo Italiano vorrebbe quindi “contribuire” da protagonista all’evoluzione di una questione epocale tra le più aggrovigliate. E lo vorrebbe fare nel ruolo, anche, di stimolatore delle decisioni, eventuali, da prendere in sede Unione Europea. I tempi “saranno rapidi”. Un anno?
Il progetto è ambizioso. Meno male, visto che un Governo che siede al G8 e al G20 ha il dovere di occuparsi del futuro di Internet. Il MISE se ne occupa già dal tempo del Semestre Europeo. Il sottosegretario Giacomelli ha fatto molti incontri in diverse sedi internazionali e la sua proposta va pertanto divulgata, commentata e partecipata. Per contro, ma è inevitabile, i commentatori-detrattori la ritengono per lo meno “poco chiara”. Tentiamo di capire perché.
Con questa proposta il Governo Italiano si schiera apertamente sulla linea che sostiene il modello dei multistakeholder, rappresentata dall’ICANN – in qualche modo riconducibile al Ministero del Commercio USA – e “incarnata” dal suo Presidente e CEO, Mr. Fadi Chehade, che ha co-organizzato ed è intervenuto al Convegno tra meritati applausi per la sua competenza e per il suo stile da grande diplomatico.
Diceva Chehade : “Stiamo entrando nell’era del ‘dopo Google’ … la primavera araba e poi Snowden hanno messo in discussione il modo di governare la Rete … non posso pensare all’Italia che non gioca un ruolo nella grande partita del Futuro”. Impeccabile. Nelle sedi e sulla stampa internazionale, però, da sempre, la sommità del dibattito rimane divisa: modello stakeholders o altro? Un importante commentatore quale Michael Gurstein fra i tanti, fa notare che “Il multistakeholderism ha una sua validità quando include gli aspetti tecnici (Internet deve funzionare, ndr), ma per quanto riguarda gli aspetti politici, visto il ruolo di partner determinante che il settore business gioca, appare un chiaro tentativo di sostituire il modello multistakeholder alla idea guida di governance democratica”.
Il tutto si inscrive all’interno di altri grandi dibattiti: 1) La differenza tra Governo e Governance; 2) Le forme di rappresentanza globali 3) L’area business è veramente consapevole del suo ruolo geopolitico? 4) La realizzazione del modello multistakeholder è pregiudicata dal fatto che, sia le accademie che i rappresentanti della Società Civile, non hanno risorse economiche per intervenire nei vari convegni internazionali. Ma, come abbiamo visto, esistono fondi ICANN.
Ecco quindi che alcuni detrattori puntano l’indice e dicono “Il Governo Italiano sostiene dunque la visione del futuro che travolge la tradizione democratica”. E’ vero? Non è vero? “Perché non adottare il modello Nazioni Unite, che peraltro hanno tentato sin dal 2005 di mantenere un dialogo aperto, invece di un modello voluto al dunque dal Governo USA e dai suoi più fidi alleati?”.
E’ vero che anche la Cina ha adottato il modello multistakeholder, mentre l’India sta ancora decidendo?
Comunque, aggiungono altri analisti: “Se al tavolo della Costituente Italiana si devono sedere gli stakeholders , Chi li inviterà formalmente ? Chi riconoscerà o meno, all’uno e all’altro il ruolo? E in particolare: quello di rappresentanti della Società Civile?”.
“Gli attori sono numerosissimi – diceva il presidente dell’Agcom, Angelo Cardani – ma tutti legittimati”.
Infine. Il dibattito sulla Governance era stato inteso – e se ne rinviene traccia dovunque – quale processo aperto e inclusivo per la “Global” Governance di Internet. Come mai una singola nazione avvia una sua Costituente? Si risponde menzionando un precedente: il Brasile per regolare Internet si è dotato del suo Marco Civil. Ma le “Carte” locali come confluiranno nel dibattito mondiale in corso?
Dicevamo, “il progetto è ambizioso” e molti scogli affiorano lungo la rotta. Ci auguriamo che l’On. Giacomelli abbia ben chiari gli aspetti che restano in ombra nella sua proposta e attendiamo sereni che la Costituente venga varata e che si offrano a tutti pari opportunità e non solo – come previsto – da postazione remota.