Un altro immenso iceberg rischia di entrare in rotta di collisione con la pacifica ed (auspicabilmente) evolutiva convivenza della specie umana sul Pianeta Terra.
Ha la forma di un enorme dilemma: Come distinguere le notizie, e le affermazioni “vere” da quelle “false”?
Ovviamente, se la domanda è posta così, il problema non è risolvibile. Perché? Perché dovunque circolano notizie e affermazioni definibili tanto vere quanto false che arrivano da diverse fonti e osservatorii. E quando questi osservatorii (partiti, parrocchie, clan, lobbies) sono antagonisti fra loro per motivi politici o non conciliabili tradizioni religiose, culturali o altro … cioè sempre …, i Capi , i capetti e i loro maggiordomi non trovano di meglio che accusarsi astiosamente e reciprocamente di falso. Talvolta sembra di essere alle scuole elementari… ma in questi casi non ci sono maestrine autorevoli e affettuose in grado di risolvere la questione.
E quindi il tweet contro tweet, il titolo contro titolo, l’editoriale contro editoriale … insomma il battibecco da pollaio continua … da sempre.
Ci sono però occasioni molto particolari in cui “il furto della merendina” è molto grosso e mette a rischio i potentati e i capitali. Per esempio l’organizzazione del consenso su guerra e pace o la chiamata al voto nelle plutocrazie travestite da democrazie. In queste occasioni la temperatura sale, sale, sale fino a fondere le paratie della convivenza e del dialogo. In questi casi il confronto diventa all’ultimo sangue.
Le recenti elezioni USA hanno visto circolare news e affermazioni e opinioni, in arrivo da ogni angolo del pianeta. Ma grazie a internet stavolta la pressione esercitata sull’elettorato era attivata non solo dal territorio coinvolto nelle elezioni. Risultato: una vera catastrofe. Golpe e controgolpe mediatico con cadaveri sul campo.
Vediamo gli attori in campo: da una parte i contendenti a caccia di visibilità e voti senza ritegno alcuno, dall’altra i media tradizionali comunque tenuti a bada, dall’altra ancora le grandi autostrade apparentemente libere del web e in particolare dei social media e infine, ma solo in ordine di lista, Wikileaks , gli Anonimous e gli altri antagonisti non conformisti.
Ebbene … i Padroni del Mondo, a urne chiuse, si sono accorti che una tale “gazzarra” non si può più orchestrare a piacimento. Quindi, dopo le accuse di cyberguerra nei confronti ad esempio di Assange, Wikileaks and Co., dopo le ipotesi che dietro le quinte agisse il Cremlino, si sono affilate le armi della diffamazione nei confronti di quelli che riprendono e amplificano le notizie che una parte definisce “false”. Si è giunti al Parlamento Europeo a votare addirittura contro chi queste notizie le farà circolare, definendoli tra le righe fiancheggiatori dei terroristi, e così via. Un fatto molto pericoloso per la libertà di espressione e informazione. Ma non basta.
Nel frattempo il dibattito in casa USA si è arroventato – anche perché, casualmente – la Stanford University sta facendo circolare un imponente ricerca con la quale dimostra che gli utenti di social network, anche se nativi digitali, non sono in grado… semplicemente non sono in grado di distinguere il “vero” dal “falso”.
Detto così non sarebbe scientificamente sostenibile, ma alla Stanford lo dimostrano esponendo dei gruppi di utenti a diverse fonti di informazione inquinate, per esempio da pubblicità ingannevole e/o da lobbisti a caccia di consenso e registrano, con grande sorpresa e dolore, che la gran parte degli utenti web non rileva differenze tra vero e falso, anzi accredita come vero ciò che è impaginato meglio dal punto di vista grafico.
Cioè un vero disastro per la formazione dell’opinione delle generazioni future. Ovviamente ciò era noto da un bel po’ ma … meno male che adesso se ne sono accorti anche gli scienziati. Comunque da qui ad affermare che anche l’informazione geopolitica ed economica è falsa se antagonista alla visione imperiale, ce ne corre . Ma tant’è…
E allora, che fare, si chiedono nei palazzi dell’Impero in decadenza?
“Intanto si metta mano ai social network!” Facebook, YouTube e l’arcipelago Google che da soli raggiungono un bacino di utenza di più di 2 miliardi di individui, si impegneranno nella creazione di “vigilant users”, ovvero utenti molto speciali, arruolati e pagati per vigilare e decidere se ciò che viene pubblicato nei loro Social network è vero o falso. Sarebbero come i capoclasse che sorvegliano i furti di merendine e chi copia da libri messi al bando.
Ma soprattutto i big del web si impegnano a usare una delle armi letali: se viene deciso dai “vigilant users” che qualcuno immette notizie false, a quel qualcuno verrà negata la possibilità di inserimenti pubblicitari. Cioè: papà e mamma non ti danno la paghetta! Tentiamo di scherzare … ma il fatto è molto grave perché induce l’autocensura in miliardi di persone.
Quando nel 2001 George W. Bush decretò la sorveglianza di massa grazie al Patriot Act e in nome della lotta contro il terrorismo si pensò – come dicono alcuni siti USA – che si trattava di “un matto alla Casa Bianca che giocava con il totalitarismo”.
Otto anni di Barack H.Obama, però, invece di ridurre il controllo lo hanno “mascherato”. Il 2 giugno del 2015 con l’approvazione al Senato USA del Freedom Act si è parlato di un ribaltamento del sistema di sorveglianza entrato in vigore dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. In realtà la nuova legge chiede alle compagnie telefoniche di raccogliere e immagazzinare i ‘metadata’ proprio come facevano fino ad ora. Ma invece che fornire automaticamente questi dati alle agenzie governative, le società saranno tenute a inoltrarli solo in seguito a una richiesta del Governo, approvata dal Tribunale di sorveglianza dell’intelligence straniera degli Usa. Sai che pacchia!
Domani con Trump che succederà ? Non si sa?
Si continua però a parlare di Intelligenza Artificiale e di algoritmi che saranno in grado di setacciare e distinguere tra ciò che è vero e ciò che è falso, tra ciò che è eversivo e ciò che non lo è. Come? Sulla base delle relazioni tra i tags dominanti, cioè nomi, parole, verbi, aggettivi , immagini, etc… che se si rinvengono insieme in un certo testo o in un certo filmato inducono l’algoritmo a far scattare il semaforo rosso, a censurare , a sollecitare ulteriori indagini sull’autore e sulle sue fonti . Un altro parametro di riferimento dovrebbero essere i titoli dei media mainstream, intesi questi come autorevoli maestri di verità.
Dalla padella nella brace.
Il boccino dunque è nelle mani dei ricercatori, soprattutto attivi in diverse Università USA. Tra queste brilla la Stanford University che, guarda caso, è proprietaria dell’algoritmo che consente a Google di funzionare. E Google, guarda caso, è ormai parte dell’immenso conglomerato Alphabet. E a capo di Alphabet c’è Mr. Eric Schmidt, che guarda caso è il Consulente N.1 del Pentagono per la cyberguerra.
Tutto ciò non è rassicurante!
E non basta ancora. Se si va avanti così, il tacito patto tra i Big del Pianeta (USA, Cinesi, Russi e potenze regionali minori) grazie al quale si tiene in piedi il governo mondiale di Internet, sarà messo ulteriormente in discussone . La rete potrebbe spezzarsi in più tronconi, all’interno dei quali ogni potentato locale eserciterà la propria sorveglianza di massa e il proprio controllo anti-ingerenze e, al dunque, dopo aver orientato il dibattito , deciderà ciò che è vero e ciò che è falso a proprio insindacabile giudizio.
L’iceberg contro il quale rischiamo di scontrarci era alle viste già da diversi anni, ma oggi sembra proprio che siamo vicini alla collisione.