di Glauco Benigni – Megachip.
«La velocità elettrica – scriveva Marshall Mc Luhan 46 anni fa– mescola le culture della preistoria con i sedimenti delle civiltà industriali, l’analfabeta con il semianalfabeta e con il post-alfabeta. Collassi mentali di vario genere sono spesso il risultato dello sradicamento e dell’inondazione di nuove informazioni e di modelli di informazione incessantemente nuovi». Questa affermazione del Vate Mc Luhan già da sola basterebbe a gettare una piccola luce sugli avvenimenti di questi giorni legati a Wikileaks, a Julian Assange e alle “rivelazioni” rese note dalla sua organizzazione.
I collassi mentali citati non sono infatti solo quelli, abbastanza inevitabili, dei lettori e telespettatori ma, soprattutto, sono rilevanti e preoccupanti quelli dei giornalisti e analisti che, ritenendosi esperti e “vaccinati”, o forse solo pagati per farlo, assumono posizioni e difendono o attaccano soggetti e Istituzioni planetarie ritenendo (per lo meno quei pochi in buona fede) di aver capito di che si tratta.
E invece la questione è più complessa, molto più complessa. Io personalmente non sono in grado di affermare alcunché, però vorrei tentare di far riflettere sul fatto che, al di là di quanto ne verrà fuori, l’affaire Wikileaks è un imponente segno dell’avvenuto cambio di paradigma nei media, del quale si parla da anni senza peraltro cominciare a considerare che ciò presuppone un approccio alla realtà abbastanza diverso dai precedenti.
Per far questo sono andato a scomodare alcuni Grandi Scienziati del passato, cercando di mutuare alcune affermazioni relative alla meccanica quantistica applicandole al cybermondo digitale, secondo questa equazione: i Vecchi Media: alla meccanica classica, come il web: alla meccanica quantistica.
A tal fine ho sostituito alcune parole chiave nell’enunciazione del Principio di indeterminazione di Heisenberg con altrettante parole chiave usate nei teoremi della Comunicazione.
«Nell’ambito della realtà le cui manifestazioni generano effetti grazie al Web mediante contenuti fatti di interminabili sequenze di 0 e 1, facilmente trasportabili, ricostruibili e modificabili, le precedenti leggi deterministe dei Vecchi Media, fondamentalmente basate su “causa-effetto”, su “buoni e cattivi”, “destra e sinistra” e sui mitici “cui prodest” o “follow the money”, non conducono a una completa determinazione di ciò che accade nel cyber- spazio e nel cyber-tempo.
La Manifestazione in progress, di una Cronaca che tende tumultuosamente a sostituirsi alla Storia , all’interno delle aree di consenso/dissenso che si determinano per mezzo delle interconnessioni digitali, è piuttosto soggetta al gioco del caso, inteso questo come l’interazione di un numero indefinito di “fonti” e “azioni” – spesso anonime e/o segrete – che si intersecano e si annichilano senza alcun governo centrale.»(Libera elaborazione da: Annali matematici di Heisenberg, 1926)
Il paragone con il Principio di indeterminazione di Heisenberg rende – a mio avviso – ampia ragione dell’impossibilità– mediante l’esclusiva osservazione “esterna” – di determinare le origini e gli intenti delle Fonti originarie, in quanto l’una esclude l’altra e noi, nell’osservare, restiamo totalmente estranei al cybermondo.
Il cybermondo è di fatto una dimensione “a sé”, un territorio digitale (non materico) con leggi proprie, ancora in gran parte sconosciute, che include sì molteplici elementi materici tipici degli Vecchi Media (testi, foto, filmati, etc…) ma nel quale non possiamo entrare con gli strumenti tradizionali per coglierne interamente la natura.
Vi sono infatti due sostanziali elementi di indeterminazione nel Cyberspazioche si rafforzano e alimentano a vicenda : la potenziale dualità “vero/falso” e la non-localizzazione delle Fonti.
Il Principio di Indeterminazione nel Cyberspazio rappresenta dunque una nuova chiave di volta dei New Media Digitali. Esso sancisce il sostanziale indeterminismo delle valutazioni e dei giudizi finali e suggerisce un nuovo tipo di approccio che deve sottrarsi totalmente ai criteri della Comunicazione classica.
Oggi con il caso Assange-Wikileaks si è ulteriormente sgretolato il Principio di Autorevolezza e di Conferma della Verità sul quale si fondavano i Vecchi Media, anche perchè è mutato radicalmente lo Spazio Tempo del loro sistema di Distribuzione e Diffusione che consentiva alla gerarchia degli addetti (ai media) di operare selezione, aggiustamenti e controllo delle Fonti e dei loro scopi.
Già da qualche anno ciò era stato adombrato grazie alla comparsa in progress nel web dei Contenuti Generati dagli Utenti (bloggers, Youtube, Facebook, Twitters and Co.), alcuni dei quali, talvolta in modo inoppugnabile, si sovrapponevano e contrastavano le Fonti Autorevoli Classiche (grandi agenzie ed established media).
Se questi utenti però, da cittadini virtuali delle diverse comunità del Cyberspazio mondiale, si tramutano in corso d’opera in attivisti dissenzienti, cioè hackers che dichiarano una cyberguerra – Wikileaks e Anonymous potrebbero essere gli avamposti di un esercito invisibile – giungendo ad attaccare i maggiori attori responsabili della circolazione di denaro nel web (PayPal, Visa e Mastercard), significa che lo scontro è conclamato, in quanto l’attentato di Assange alle verità e agli omissis ufficiali ha innescato lo Stato di Guerra nel Cyberspazio che prima era solo latente.
Ancora ispirandosi ad Heisenberg si può dire che: nel Cyberspazio/Web, le Fonti e le Azioni divulgative hanno alcune proprietà tipiche delle onde (vedi ad esempio la viral communication), non sono quindi fisicamente individuabili, e non possiedono una ben definita coppia “posizione–momento”, tanto più che l’indeterminazione risiede nella struttura stessa del sistema di distribuzione.
Dobbiamo aspettarci pertanto che il mondo del
determinismo causale sarà probabilmente costretto a cedere il passo a quello dell’
indeterminismo e del
caso. Infatti, l’impossibilità di misurare con precisione simultaneamente due Fonti in contrasto, equivale all’
impossibilità di formulare Verità.
Un esempio di misurazione simultanea: tutti gli attori noti e anonimi dell’affaire Wikileaks seduti allo stesso tavolo “materico”(stesso Luogo, stesso Tempo), osservati mentre ognuno riporta la propria versione senza temere alcun giudizio e alcuna “punizione” e senza rivendicare alcun primato. Impossibile! Solo in questo caso teorico però l’indeterminazione tenderebbe a zero.
Al contrario: tutti gli attori noti e anonimi che si manifestano nel Cyberspazio, da luoghi e in tempi diversi, fa sì che l’indeterminazione tenda al massimo: al Caos.
Non è un caso (o forse lo è ?) che il gruppo di hackers di Amburgo nel quale – secondo alcune fonti – è stato allevato Julian Assange si era definito “Cahos Computer“ già nel 1988 .
Ma esiste una strategia condivisa e organizzata degli hacker? Probabilmente no!
Esiste una strategia condivisa e organizzata da parte dei governi chiamati in causa da Wikileaks (Fonti e Azioni ufficiali) e delle loro strutture e sottostrutture di intelligence (buchi neri che comunque fanno circolare informazioni)? Certamente no!
Quindi sono in corso N guerre diverse tra N soggetti che hanno valori, aspettative e tradizioni diverse che non prevedono “vincitori e vinti” classici nè “buoni e cattivi” classici.
Questa condizione di incertezza o indeterminazione non è dovuta a una conoscenza incompleta, da parte dell’osservatore-analista, dello stato in cui si trova lo scenario osservato, ma è da considerarsi una caratteristica intrinseca, quindi ultima e ineliminabile, dello scenario e del Cybermondo in particolare.
Nella storia degli umani – diranno i più cinici e avveduti – è sempre andata così! Ma prima non c’era il Web planetario, le informazioni non circolavano, la Storia la scrivevano i vincitori e si poteva far finta di avere in tasca la verità. Oggi, ilrifiuto dell’indeterminazione è solo il segno di un basso livello di evoluzione, un atteggiamento infantile tipico di identità fragili che hanno bisogno di identificazioni-ombrello immediate sotto le quali ripararsi, invece di esercitare un tollerante e partecipante libero arbitrio.
Nella meccanica quantistica il principio di indeterminazione ha posto fine al determinismo così come lo aveva teorizzato in origine
Isaac Newton e rielaborato in tempi più recenti il marchese De Laplace. Si noti che oggi anche le leggi fisiche ammettono una
molteplicità di soluzioni.
Anche nel caso Wikileaks bisogna dunque ammettere che quanto sta accadendo può ricondurre a molteplici attori, a contrastanti origini e dare esiti molto diversi, senza quindi introdurre vincoli tali da ridurre a una sola la causa e l’effetto possibile, ma tentando di valutare per lo meno N cause e N effetti possibili.
Per esempio bisognerebbe ammettere che l’uomo Assange potrebbe aver cambiato direzione in corso d’opera, potrebbe aver mescolato vero e falso per conto di qualcuno o per paura di qualcuno o semplicemente perchè lo riteneva opportuno. Bisogna ammettere che non è un Governo o un Servizio Segreto che decide di fare un’azione ma “pezzi” di Governi o “pezzi” di Servizi Segreti che operano affinché accada qualcosa; spesso, troppo spesso, senza l’autorizzazione o il consenso dei vertici o magari con un tacito inespresso consenso.
La teoria della meccanica quantistica – e dei
new media –
non predice né prevede più solo “una soluzione”o una sola “verità”, ma un insieme di soluzioni associate a probabilità. I sociologi si sforzano da decenni di far accettare il concetto di “uniformità tendenziale” al posto del concetto di “verità”, ma gli opinionisti e i loro editori non amano questo stile che considerano “vago”, “non utile all’organizzazione del consenso” e procedono in ranghi serrati nella compilazione delle liste: “buoni – cattivi” , “vincitori – vinti”, “terroristi e non”.
Di fatto, anche nei media, come nella meccanica quantistica: quanto più è fintamente “precisa” la verità divulgata (la “misura impossibile”), tanto più essa è perversa, invasiva e soprattutto modifica il fenomeno da misurare.
Il prodotto delle incertezze comunque non deve essere superiore alla volontà di osservare, commentare, formulare pareri e intervenire.
La condizione che dovrebbe muovere gli uomini di buona volontà nel XXI secolo è che si continui a misurare e valutare costantemente ogni fonte e ogni effetto generato. Purtroppo questa non è la condizione che muove gli hacker e i loro antagonisti. Quindi il contrasto tra buoni e cattivi perdurerà per chissà quanto tempo.
Tornando al Cyberspazio: esso è tanto ricco di “fluttuazioni informative”quanto di omissis, ed è denso di coppie di affermazioni “vero/falso” che si creano e si annichilano a vicenda al punto di essere considerate onde informative virtuali (butterflies news) ma in realtà esse perdurano nelle pieghe delle memorie virtuali (i terabytes) e restano in qualche modo efficaci .
Einstein mise in discussione il Principio di indeterminazione con la frase: «Non credo che Dio (noi potremmo dire La Storia, ndr.) abbia scelto di giocare a dadi con l’universo». Niels Bohr, che era uno dei sostenitori dell’Indeterminazione rispose : «Einstein, smettila di dire a Dio cosa fare con i suoi dadi». Recentemente Stephen Hawking ha aggiunto: «Einstein […] sbagliò quando disse: “Dio non gioca a dadi”. La sue considerazioni sui Buchi Neri (che nei media corrispondono all’azione dei servizi segreti e agli omissis, ndr.) suggeriscono infatti che non solo Dio gioca a dadi, ma che a volte ci confonde gettandoli dove non li si può vedere.»